ANNO 14 n° 119
Peperino&Co.
Viterbo oltre le mura
di Andrea Bentivegna
19/12/2015 - 02:00

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Viterbo, come noto, è una città medioevale e lo è rimasta, almeno per quanto riguarda la struttura urbana, fino ai primi anni del novecento. In effetti, fatta esclusione per via Cavour aperta nel Cinquecento, il resto del centro storico non si è granché modificato negli ultimi sette secoli. Una vera fortuna.

Nel 1870, all’indomani della breccia di Porta Pia, quando la nostra città entrò a far parte del Regno d’Italia, contava circa 16.000 abitanti. A quell’epoca, infatti, l’economia locale era incentrata ancora sull’agricoltura e la posizione, lontana dalle principali vie del commercio, faceva sì che la crescita demografica fosse nulla e non vi fosse bisogno di espandersi oltre l’antica cinta muraria.

Un primo cambiamento avvenne quando, verso la fine dell’Ottocento, fu aperta la stazione di Porta Fiorentina. Può apparire ironico ma allora, questa linea ferroviaria oggi anacronistica, permise alla città di uscire dal suo antico isolamento permettendole di affacciarsi alla modernità.

Nel 1886 viene varato un primo Piano Regolatore, a firma dell'ingegner Pizzini, che prevedeva aree di espansione al di fuori delle mura per la costruzione del nuovo cimitero, delle terme e di Prato Giardino.

Per la prima volta dopo l’abbandono della città da parte dei Papi, quasi sette secoli prima, Viterbo tornava a svilupparsi estendendo il proprio territorio. Da allora si può dire che questa tendenza non si sia più arrestata, ma se in quel tempo, questa nuova fase, veniva salutata come un progresso oggi, al contrario, è spesso considerata come un pericolo.

Il novecento si aprirà con l’inaugurazione della seconda stazione, quella di Porta Romana, che avvicinava ancor di più la città alla capitale. Nel 1912 quindi viene varato un secondo piano che anticipa la costruzione dei primi veri e propri quartieri il primo dei quali fu i Capuccini che sorse appena fuori Porta della Verità verso il convento dei frati.

Nel 1936 un terzo P.R.G. (Piano Regolatore Generale) che, in pieno regime fascista, prevedeva la costruzione di via Marconi attraverso la copertura del Urcionio; Fu così che dopo secoli anche il centro divenne oggetto di un grande intervento urbano che ne me modificò completamente la fisionomia.

Passarono pochi anni e la guerra ed in particolar modo i catastrofici bombardamenti alleati segnarono drammaticamente la storia della città. La ricostruzione che seguì coincise anche con un periodo di grandissima crescita economica e demografica, il cosiddetto boom. Come il resto del paese anche Viterbo iniziò a crescere rapidamente, gli abitanti aumentavano e la città in pochi anni iniziò un’espansione rapida e spesso disordinata.

Nel 1959 per far fronte, in ritardo, a questa ondata edilizia si incaricò l’architetto Salcini, figura importante del secondo dopoguerra, di redigere un nuovo Piano. Il progetto che ne scaturì era oltremodo ambizioso che verrà in larghissima parte disatteso se non del tutto stravolto.

Il resto è sotto gli occhi di tutti. Viterbo, come purtroppo la maggior parte delle città italiane, è stata incapace di governare una crescita rapidissima subendo piuttosto che pianificando la propria espansione. In questo modo oggi ci troviamo ad ereditare una città che, nonostante le sue ridotte dimensioni, lamenta gravi problemi di traffico e una cronica carenza di servizi oltre al più recente problema di spopolamento di un centro storico ormai anche povero di attività commerciali e al quale è contrapposta un’incontrollata diffusione di grandi mall periferici.





Facebook Twitter Rss